La nuova Imu 2020

La nuova Imu 2020

La scadenza della prima rata è entro il 16 giugno. Sono esentati dal pagamento dell’acconto gli immobili del settore turistico. La nuova Imu incorpora anche la Tasi. L’imposta è quindi unica.

L’Imu e la Tasi sono diventate una imposta unica e il pagamento dell’acconto per il 2020 è fissato per il 16 giugno prossimo.

La novità di questa “fusione” è arrivata con la Legge di Bilancio 2020 che ha abolito la Iuc che incorporava l’Imu, la Tasi e la Tari.

L’effetto principale della modifica è stata quella di eliminare la Tasi, prevedendo un’unica forma di prelievo che ricalca, in gran parte quanto, previsto per l’Imu nel 2019.

La nuova Imu 2020 riunisce, quindi, in un’unica imposta sia la “vecchia” Imu che la Tasi, mantenendo però struttura e “impostazione fiscale” dei vecchi tributi: i Comuni potranno approvare un nuovo regolamento con disposizioni che ricalcano sostanzialmente quello precedente.

Contrariamente, la TARI (tassa riferita ai servizi di raccolta e smaltimento dei rifiuti) non è stata assorbita e quindi continua la propria vita autonoma, secondo la disciplina in vigore.

Come previsto dalla Legge di Bilancio 2020 la nuova Imu dovrà essere pagata dal proprietario, o da chi ha altri diritti reali di godimento (usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie) sull’immobile.

Con l’abrogazione della Tasi vengono meno anche le ripartizioni del tributo tra il proprietario e l’occupante, mentre l’Imu continua ad essere dovuta dal solo titolare del diritto reale, secondo le regole ordinarie.

Chi deve pagare l’Imu e chi no

Sono soggetti ad Imu tutti gli immobili situati in Italia, anche se posseduti da non residenti. Le definizioni di abitazione principale e di pertinenze riprendono quelle previste nella vecchia Imu.

È esentato dal pagamento della nuova Imu chi detiene un solo immobile adibito ad abitazione principale (a patto che questo rientri nelle categorie catastali A/2, A/3, A/4, A/5, A/6 e A/7). Allo stesso modo, sono esentate anche le pertinenze appartenenti alle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, limitatamente ad un’unità per ogni tipologia catastale.

I comuni possono considerare direttamente adibita ad abitazione principale l’unità immobiliare posseduta da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che la stessa risulti non locata.

In caso di più unità immobiliari, l’agevolazione può essere applicata ad una sola unità immobiliare.

La nuova disciplina, confermando quanto già previsto precedentemente, dispone che la base imponibile Imu venga ridotta del 50% per i fabbricati di interesse storico o artistico ed i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono dette condizioni.

Comodato d’uso, quando si può pagare la metà

La base imponibile è ridotta del 50% anche per le unità immobiliari concesse in comodato a figli e genitori.

Fatta eccezione per le unità abitative classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, è infatti previsto l’abbattimento della base imponibile del 50% per gli immobili ad uso abitativo concessi in comodato ai parenti in linea retta entro il primo grado che le utilizzano come abitazione principale. Al fine dell’abbattimento della base imponibile è richiesto che:

  • il contratto di comodato sia registrato;
  • il comodante possieda una sola abitazione in Italia e risieda anagraficamente, nonché dimori abitualmente nello stesso comune in cui è sito l’immobile concesso in comodato.

Le aliquote della nuova Imu

Per il calcolo della nuova Imu, sono previste due aliquote principali:

– una ordinaria (generalità dei casi) pari allo 0,86% , che i Comuni possono aumentarla fino all’1,06 o diminuirla fino all’azzeramento. È possibile aumentare ulteriormente l’aliquota al ricorrere di determinate condizioni;

– una ridotta (abitazione principale di lusso e relative pertinenze) pari allo 0,5%, che i Comuni possono aumentarla dello 0,1% oppure diminuirla fino all’azzeramento.

Versamento in due rate o unico

Anche per il 2020 il versamento va effettuato in due rate, la prima entro il 16 giugno e la seconda entro il 16 dicembre. Il contribuente, in ogni caso, può versare l’imposta in un’unica soluzione annuale, ma sempre entro il 16 giugno.

Considerate le novità della nuova Imu la circolare n. 1/DF del 18.03.2020 precisa che la prima rata deve corrispondere alla metà di quanto versato nel 2019 inclusa la Tasi. A regime, invece, il pagamento della prima rata sarà pari all’imposta del il primo semestre applicando l’aliquota e la detrazione dei dodici mesi dell’anno precedente.

Prima rata cancellata per il settore turistico

In considerazione degli effetti causati all’emergenza sanitaria Covid-19, il Decreto Rilancio (D.L. 34/2020), pubblicato recentemente in Gazzetta Ufficiale, non ha previsto alcuna proroga per il versamento dell’acconto Imu. All’articolo 177, infatti, è previsto soltanto l’abolizione del versamento della prima rata Imu in scadenza il 16 giugno 2020 per il settore turistico, ovvero per gli stabilimenti balneari marittimi, lacuali e fluviali, stabilimenti termali, alberghi e pensioni, agriturismi, villaggi turistici, ecc …

La proposta dei Caf per il pagamento rinviato

L’imminente scadenza della prima rata Imu per il 2020 si colloca, purtroppo, in una fase ancora molto delicata per il nostro Paese, sia per le regole di distanziamento sociale da rispettare, che per le difficoltà economiche in cui si trovano milioni di italiani. E’ per questi motivi che la Consulta Nazionale CAF, quale associazione di rappresentanza della quasi totalità dei Centri di Assistenza Fiscale, ha chiesto al Ministro dell’Economia e delle Finanze e al Presidente dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, di rinviare il pagamento dell’acconto Imu in scadenza il prossimo 16 giugno, prevedendo per il 2020 il versamento in un’unica soluzione.

I comuni possono non applicare sanzioni per chi paga in ritardo

L’IFEL, ovvero la Fondazione ANCI, che rappresenta la quasi totalità dei Comuni Italiani, ha invece messo a disposizione dei Comuni uno schema di delibera Imu per l’anno 2020, con il quale ogni Comune può disporre, nell’esercizio della propria autonomia regolamentare e in relazione alle difficoltà determinate dall’emergenza epidemiologica, la non applicazione di sanzioni ed interessi nel caso di versamento dell’acconto Imu entro il 30 settembre 2020 (o altra data individuata dal Comune). Una possibilità limitata ai contribuenti che hanno registrato difficoltà economiche, a causa della pandemia, da attestarsi entro il 31 ottobre 2020, pena la decadenza dal beneficio, su modello predisposto dal Comune.

Cosa c’è da sapere

Cambia il ravvedimento operoso per i tributi locali

Dal 2020 è possibile applicare il ravvedimento operoso ultrannuale anche per i tributi degli enti locali.

Prima dell’entrata in vigore della Legge di Bilancio 2020, gli errori e le carenze concernenti i tributi locali potevano essere autocorretti entro la data di scadenza della dichiarazione riferibile all’anno in cui era stato commesso l’errore o l’omissione. Trascorso tale periodo il contribuente, che intendesse regolarizzare la violazione, non aveva altra scelta che quella (più onerosa) di attendere la rilevazione dell’irregolarità da parte dell’ente impositore e, successivamente, procedere al pagamento di quanto richiesto con l’accertamento.

Applicando il ravvedimento lungo, la sanzione base da prendere in considerazione per rimediare agli omessi versamenti è pari al 30% dell’imposta, che risulta così ridotta:

  • 0,1% (1/10 del 1,5%) dell’imposta omessa per ogni giorno di ritardo, fino al 14°;
  • 1,5% (1/10 del 15%) dell’imposta omessa se il versamento avviene dal 15° al 30° giorno dalla scadenza;
  • 1,67% (1/9 del 30%) dell’imposta omessa se il versamento è effettuato dal 31° al 90° giorno dalla scadenza;
  • 3,75% (1/8 del 30%) dell’imposta omessa se il versamento avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è commessa la violazione;
  • 4,29% (1/7 del 30%) dell’imposta omessa se il versamento è effettuato entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione;
  • 5% (1/6 del 30%) dell’imposta omessa se il versamento avviene oltre il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione.

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